Rigenerare esprime il vero senso di comunità
Volterra si è proposta come Capitale Italiana delle cultura per il 2022 con un dossier intitolato Rigenerazioni, con una duplice valenza: la rigenerazione umana e le nuove generazioni. Abbiamo chiesto al sindaco Giacomo Santi come è nata l’idea che ha visto il coinvolgimento dell’intera comunità volterrana.
«Volterra è una città romana, etrusca, medievale, 3 mila anni di storia e grandissime tradizioni. Con la sua storia testimonia come cultura, arte, bellezza siano gli unici strumenti per rigenerare i luoghi e le persone prendendosene cura in ogni loro aspetto – ha sottolineato il sindaco Santi – Rigenerare vuol dire esprimere il vero senso di comunità di una città che non si specchia, non resta immobile nel suo passato, ma riconoscendosi vive il presente lavorando per il suo futuro, per la sua evoluzione come società».
Nel dossier emergono due importanti progetti: uno riguarda il carcere e l’altro l’ospedale psichiatrico. In che modo questi due temi si collegano al tema del dossier?
«L’ex ospedale psichiatrico di Volterra è stato il secondo nosocomio più grande d’Italia per tutto il ‘900 ed il primo ad essere concepito come luogo di cura, di condivisione della malattia mentale, non di isolamento. Ad un certo punto con i suoi 4.700 ospiti era una città nella città. Volterra era un comunità di 12.000 anime! Non ci sono stati mai problemi, anzi l’ospedale è sempre stata un’istituzione fondamentale per la città.
Il carcere di Volterra, anche lui ha un primato, è stato il primo carcere che ha saputo rigenerare i suoi ospiti, rigenerarsi al suo interno, con la nascita di una compagnia teatrale che ha più di vent’anni, la compagnia della Fortezza.
Può sembrare strano, ma i due temi sono collegati da una parola: integrazione. Perché sin dall’inizio Volterra e i volterrani si sono messi a disposizione di queste due strutture.
Istintivamente questi luoghi ci fanno pensare al rifiuto dell’umanità mentre, invece, li mette in evidenza, ce li fa riconoscere. Possiamo ignorarli ma sono lì. Sono luoghi della cura non della morte, di una società che si prende cura del prossimo, anche se ha sbagliato, anche se è diverso da noi, non importa se a livello fisico o mentale. L’ospedale psichiatrico e il carcere non sono il manicomio o la prigione, ma luoghi di riabilitazione».
In che maniera si concretizza oggi la rigenerazione di questi due luoghi?
«Con due progetti infrastrutturali completi. Per il carcere, la costruzione di un teatro stabile aperto al pubblico esterno, per dare immediato lavoro ai detenuti formati dai corsi già attivati nel carcere e a numerosi giovani del territorio, per ospitare gli spettacoli della Compagnia della Fortezza e una stagione teatrale aperta ad altre compagnie, iniziative culturali, formative ed espositive, rivolte ad un pubblico interno ed esterno, scuole, operatori provenienti da tutto il mondo e generare un nuovo indotto durante tutto l’anno. Sarà il primo al mondo, un teatro simbolo di un carcere che si è trasformato da Istituto di Pena in Istituto di Cultura.
Per l’ospedale, la riqualificazione dei padiglioni sia attraverso interventi architettonici che con il progetto N.O.F.4. acronimo di Oreste Fernando Nannetti, ospite dell’ex Ospedale Psichiatrico di Volterra e autore del graffito, capolavoro dell’art brut, a cui vogliamo dedicare una grande mostra».
Nel dossier si esalta una particolarità della proposta: Volterra e i comuni limitrofi, come se fosse un unico corpo formato da più arti, le cittadine limitrofe; con Volterra cuore che diventa motore di questo corpo. Volterra una città che si declina al plurale?
«Esattamente. Volterra vuole essere un punto, un luogo, di riferimento della rinascita dei comuni delle aree interne, quelle che le politiche nazionali molto spesso dimenticano perché lontane, anche geograficamente, dai luoghi stessi della politica.
Volterra stessa è ai margini delle quattro provincie. Volterra che, invece, diventa punto di riferimento per tanti comuni del territorio ponendosi al centro dell’attenzione nazionale. Una città, e i suoi comuni limitrofi, pronti a fronteggiare sfide inedite».
Come quella della pandemia per esempio?
«Quando abbiamo costruito il Dossier chiamandolo Rigenerazione umana volevamo far rifiorire il patrimonio che abbiamo. Abbiamo parlato di integrazione, di accoglienza, di uno spirito nuovo della città e dei suoi cittadini.
Lo abbiamo presentato a fine febbraio del 2020. A marzo sappiamo bene cos’è successo. Mai come ora, con la pandemia, questo tema è diventato attuale tanto che anche se la presentazione è stata spostata a luglio 2020 , non abbiamo dovuto cambiare niente perché i temi che volevamo trattare erano attuali. Rigenerare la nostra società attraverso la cultura e la bellezza della Toscana per contribuire a far ripartire l’Italia».
Sarà Procida la capitale della cultura per il 2022. Tanto lavoro per niente?
«La Regione Toscana ha valorizzato il nostro percorso che dura da più un anno istituendo il titolo di città toscana della cultura, prima città, quindi ad essere insignita di questo titolo. E comunque quello che abbiamo scritto nel dossier lo vogliamo realizzare nel corso degli anni. Volterra vuole essere una finestra sulla Toscana del futuro e parte con un nuovo progetto che permetterà di realizzare quanto avviato nel 2020 e pianificato negli anni successivi, in particolare quanto immaginato dai giovani del Living Lab, che diventerà una delle direttrici principali di lavoro. Un ruolo di primo piano lo avranno le tre grandi mostre dedicate a Rosso Fiorentino, curata da Cristina Acidini (2021), alla cultura etrusca, curata da Valentino Nizzo (2022) e ai 50 anni di Volterra73 (2023), oltre alla prosecuzione del progetto dedicato all’alabastro 22 designer per 22 artigiani, affidato a Luisa Bocchietto, che rilegge la pietra di luce con gli occhi del design contemporaneo grazie al lavoro con la Comunità dei Maestri alabastrai.
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Giacomo Santi -
Volterra2022 Parco Fiumi – foto Adriano Nardi
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